Famiglia Geraldina
EUGENIO GAMURRINI
Gasparo Geraldini Arcidiacono d'Amelia, Città antichissima compresa nell'antico in Toscana, e modernamente nell'Umbra, travagliò non poco per ritrovare l'origine a questa Famiglia; ma intrigandosi nell'Armi, credendo fare bene a questa Casa, disse che prima era detta Oliva: con la quale opinione poi tosto la baratrò, che nobilitò, senza fondamento alcuno: se non perché portasse nell'Arme un Ramo verdeggiante d'Olivo. Ma, secondo la nostra opinione, diciamo che questa famiglia discendesse da Fiorenza, dalli Gherardini nobilissimi e antichissimi di Fiorenza, della cui famiglia nel nostro secondo volume, fol.III[2], se ne tratta diffusamente, che furono de' Grandi. Alcuni de' quali differenziarono l'Armi con portare un campo turchino e in mezzo un lione d'oro con quattro croci d'oro, alla quale arme fu poi aggiunto un Ramo verdeggiante con due Rose, in memoria di Papa Martino V[3], quando fu a Fiorenza, che benedisse la Rosa della Domenica Letare con donarla alla Signoria: e in quel giorno era proposto M.Iacopo di Taddeo Gherardini, il quale con gran festa la portò attorno per Fiorenza, e perciò fecero il Ramo con due Rose, chiamandosi Gherardini della Rosa, come si è provato di sopra parlando nell'Arme Gherardina.
Si servirono di questo campo li sopraddetti Gherardini, con farvi un ramo d'Oliva verdeggiante: e pure il suddetto Arcidiacono trovò in Bologna che un tal Geraldino d'Amelia, scrivendo a Bologna per ritrovare alcuni di casa Geraldina in d. città, vi mandò anche l'Arme con la suddetta lettera, che era un Leone in campo turchino, che teneva un ramo d'Oliva con tre gigli d'oro. Sì che l'Arma antica de' Giraldini d'Amelia era l'istessa, che quella che portavano i Gherardini della Rosa, e che il ramo d'Oliva vi fosse aggiunta, con li Gigli, conforme portarono tutti i Cittadini Bolognesi: che per non volere la guerra, con la quale stavano sempre i Gherardini, si ritirassero da Fiorenza con la pace, che aggiunsero all'Arme loro il ramo d'Oliva, simbolo della pace. E tale portarono quei di Bologna, e quei della Terra di Cento: onde, per la cognizione dell 'Arme che portavono i Giraldini anticamente simile a questi di Fiorenza, come pure per il cognome, furono argumenti fortissimi che sieno i medesimi questi con quelli, e i Legisti in antiquis la passono, portando l'arme e il cognome simile. Anzi, d'avvantaggio, quello Collaolo, che è il medesimo che Niccolò di Vanni di Geraldino, che godè in Amelia il Consolato, verrebbe ad essere nipote di Filippo e di Gianni, fratelli di Vanni, e figliuolo di Gerardino di Gianni, di quel Gherardino che fiorì nel 1150: come si vede nell'Albero de' Gherardini di Fiorenza, i quali tre fratelli si leggono nella rotta di Monte Aperti del 1260[4], come in questo Archivio delle Reformagioni, che erono del Sesto di S.Pancrazio; vedendosi in tal Sesto Gherardino, figliuolo di Gianni e cugino del detto Collaolo, alla pace del Cardinale Latino nel 1280, come in dette Reformagioni. Sì che per tutte queste ragioni vengono a reconciliarsi queste due Case nella pretesa, che tutte due hanno, de' Gerardini d'Inghilterra, che sieno usciti da loro: benchè sempre essi abbino affermato trovarsi la scritta da Fiorenza, e non d'Amelia, come ancora tutti gli Autori lo confessono: e in tal maniera tutte due possono chiamarle della Casa loro. E lasciare l'Oliva, e gli Oliferi, con andarli a cercare nello Stato di Milano e nello Stato Veneto, nelle quali famiglie non vi è verisimilitudine né de nome né de cognome.
[1] Il testo è riprodotto dall’opera di Don Eugenio Gamurrini Istoria Genealogica delle Famiglie Nobili Toscane et Umbre, vol. III, pp.169-185, Fiorenza 1673: è assolutamente fedele all’originale, e al fine di rendere più agevole la lettura si sono usati caratteri grafici attuali, modificando solo la punteggiatura e aggiungendo alcune note.
[2] Pagina 111.
[3] Oddone Colonna (1368-1431), Papa dal 1417.
[4] Montaperti: a est di Siena; il 4 novembre 1260 i ghibellini senesi, appoggiati dai fuorusciti fiorentini e dalle milizie di Manfredi, vi sconfissero i guelfi di Firenze in una battaglia che segnò l’inizio della prevalenza degli Svevi-ghibellini in Italia, durata sino al 1266, e che venne ricordata da Dante (Inferno).