PIERMATTEO D'AMELIA - I GERALDINI
Fabio Marcelli
Il testo seguente è preso dal volume "PIERMATTEO D’AMELIA,PITTURA IN UMBRIA MERIDIONALE TRA IL ‘300 e ‘500", realizzato con il contributo della Provincia di Terni dalla Ediart nel 1997. Autore del capitolo qui di seguito riportato, e della relative note, è Fabio Marcelli.
PIERMATTEO D’AMELIA E LA LIBERALITAS PRINCIPIS
Nell’intervento conclusivo del convegno amerino "Dall’Albornoz all’età dei Borgia"[1], incontro che ha segnato un momento di importanza capitale per comprendere il panorama storico ed artistico dell’Umbria meridionale, Bruno Toscano non mancava di sottolineare la necessità di individuare ancora con piu precisione i "nodi della rete" di quell’ampio "crocevia di movimenti", che dalla metà del Trecento alla fine del secolo successivo sembrano plasmare l’identità culturale del territorio umbro[2]. Fondamentale per raggiungere tale obbiettivo, come indicato dallo studioso, è un’indagine in grado di superare i limiti imposti dai confini amministrativi, impiegando anche i risultati delle ricerche pluridisciplinari (economia, viabilità, culti religiosi e laici etc..) quale stimolo fecondo, per definire, ove possibile, le linee, gli eventi e le personalità del dialogo reciproco tra aree e contesti culturali [3].
In quest’ottica, la personalità artistica, o, per meglio dire, la vicenda umana e professionale di Piermatteo d’Amelia, assume la rilevanza degna di uno dei "nodi" sopra citati, e crediamo non sia casuale che il lungo e travagliato processo di riflessione critica e storica sul pittore amerino, abbia trovato nuovo vigore, dopo i fondamentali contributi di Roberto Longhi e Federico Zeri, proprio nell’ultimo decennio, in parallelo ed a complemento dei nuovi impegni di ricerca sul territorio, profusi da molteplici energie culturali, non ultime le cospicue integrazioni documentarie sull’artista presentate in questo volume.
Come è possibile verificare, analizzando la letteratura prodotta sull’amerino, scarsa attenzione è stata riservata - e non poteva essere altrimenti considerate le poche fonti disponibili, e il lento processo di ‘riunificazione’ tra la personalità di Piermatteo d’Amelia e del fantomatico Maestro dell’Annunciazione Gardner - all’analisi della committenza del pittore, o quantomeno ad una riflessione più ampia, volta a ricontestualizzare la figura di questo artista che le fonti ci ricordano attivo tra l’Umbria e la Roma curiale.
Si deve infatti a Giovanna Sapori, ad esempio, durante il convegno dell’ ‘87 [4], l’energico richiamo (tralasciando qui la produzione di eruditi e storici locali) alla necessità di uno studio più incisivo della committenza artistica dei Geraldini di Amelia, letta anche in rapporto all’attività professionale di Piermatteo, e fortunatamente, al momento della redazione del nostro contributo, possiamo disporre sulla storia di questa famiglia di diplomatici e curiali, oltre all’eccellente studio di Jurgen Petersohn [5], degli atti del convegno curato da Enrico Menestò, ad Amelia, in occasione delle celebrazioni colombiane [6]. Proprio l’analisi della committenza, delle esigenze e degli orientamenti politici e culturali che guidano le scelte dei mecenati, sono infatti basilari per inserire Piermatteo d’Amelia nel panorama del suo tempo, abbandonando la visione romantica del ‘genius loci’ di un piccolo centro umbro, od, all’opposto, quella, indubbiamente denigratoria, mi si perdoni il termine, del ‘decoratore di soffitti e sgabelli’, anche se papali.
L’attenzione che perciò verrà ampiamente riservata al tema suddetto, con doverosi quanto necessari ‘sconfinamenti’ nella narrazione degli eventi storici umbri o romani, oltre ad accompagnare il percorso cronologico delle opere note di Piermatteo, è anche il viatico alla malcelata intenzione di sopperire all’assenza di fonti dirette, presentando conclusioni forse arbitrarie - e rammentiamo fra le varie riflessioni su questi problemi metodologici le parole di Salvatore Settis [7] - ma comunque utili per tracciare altri percorsi di ricerca..
[1] Dall’Arbornoz all’età dei Borgia. Questioni di cultura figurativa nell’Umbria meridionale. Atti del Convegno di Studi di Amelia, 1-3 ottobre 1987, Todi 1990.
[2] B. TOSCANO, Confini amministrativi e confini culturali, in Ibidem p. 365. "…il carattere della nostra regione è certamente etereogeneo e richiede sconfinamenti continui, pena la non comprensione della realtà e della storia dell’arte. Contribuisce a spiegare le cause di un’identità così difficilmente riconducibile a quella specie di perpetuo dinamismo, fatto di flussi di andata e di ritorno e di fitti incroci, per cui l’Umbria sembra molto spesso in questi decenni un grande crocevia di movimenti che partono anche da molto lontano, dal Regno di Napoli alle Corti dell’Italia settentrionale".
[3] Ibidem, p. 364. "Il passaggio successivo, che presuppone a mio parere una mira anche più ambiziosa, potrebbe essere quello di puntare sui "nodi della rete", anziché su una globalità di intreccio… i "nodi della rete", cioè quegli incroci di circostanze, di avvenimenti o anche di semplici accadimenti di vario spessore o di presenze anch’esse più o meno importanti, che ci appaiono sempre più come il vero oggetto della ricerca, ben inteso in aree e contesti definiti non certo solo da confini amministrativi".
[4] G.SAPORI, Matteo Geraldini e Giovanni Fiorentino, in Ibidem, p. 267.
[5] J. PERSOHN, Ein diplomat des Quattrocento. Angelo Geraldini (1422-1486), Bibliothek des Deutschen Historischen Institut in Rom, Tubingen 1985.
[6] Alessandro Geraldini e il suo tempo, a cura di E. Menestò, Atti del Convegno Storico Internazionale, Amelia 19-21 novembre 1992, "Quaderni del Centro per il collegamento degli studi medievali e umanistici in Umbria", Spoleto 1993.
[7] S. SETTIS, Artisti e committenti fra il Quattrocento e il Cinquecento, in Storia d’Italia, Annali 4, Intellettuali e Potere, Torino 1981, pp. 737-761.