Alessandro Geraldini
GERALDINI

Origine dei FITZGERALDS

Fascicoli Medioevali – parte prima[1]

Nella terra dell’Etruria fiorì un tempo una florida vite, lì trasportata dalle desolate pianure di Troia: Firenze ne rivendicò il possesso, per  potersi vantare della bella pianta, "dei suoi rami che si allungavano fino al mare e delle sue radici che arrivavano al fiume". Dalle sponde dell’Arno e dalle rive del mar Tirreno, i rami di questo grande albero raggiunsero la lontana terra di Erin. Questo grande albero rappresentava la nobile stirpe dei Geraldini, che, all’ombra delle insegne toscane, arrivarono in luoghi nei quali neppure le legioni romane si erano mai avventurate.

"La storia di questa famiglia fiorentina è stato mio particolare oggetto di studio, perché intimamente legata alla mia religione e al mio paese, ed è gelosa depositaria della memoria dei Geraldini": così scrisse Fra’ Domenico O’Daly alle loro eminenze Antonio e Francesco Barberini, Cardinali della Sacra Romana Chiesa. A loro dedicò la sua storia dei Geraldini, Conti di Desmond, scritta intorno all’anno 1655.[2]

Con mano veloce, l’erudito Domenicano delineò in poche frasi l’antica storia della casata: Dieci anni di assedio avevano distrutto la gloriosa città di Ilio ed eliminato tutti i suoi capi, con la sola eccezione di Enea che, costretto a scappare, riunì intorno a sé un fidato gruppo di giovani che erano sopravvissuti alla caduta della loro città: fra di loro si distingueva per dignità e coraggio il capostipite dei Geraldini[3]…Enea subito dopo ripartì le terre d’Italia fra i suoi seguaci, assegnando a ciascuno la propria parte: e nella divisione egli elargì al grande antenato dei nostri Geraldini quella regione dell’Etruria dove oggi sorge Firenze.

Quando arrivarono in Inghilterra i Geraldini? Quando si insediarono in Irlanda? Fra’ O’Daly è molto chiaro nelle risposte ad entrambe le domande: i Geraldini arrivarono in Inghilterra con Guglielmo il Conquistatore, e andarono in Irlanda sotto Enrico II. Ma egli aveva un’idea vaga dei veri fatti in questione: asserì che Gugliemo aveva loro donato "un castello e la signoria di Windsor, di cui essi mantennero il possesso fino all’arrivo di Walter figlio di Ether" (sic). Guglielmo aveva tre figli: dal primogenito, Guglielmo, derivarono i Conti di Windsor, dal secondo, Roberto, i Conti di Essex; ma il terzo, Gerardo di Windsor, fu il capostipite dei Geraldini. Walter FitzOther (non Ether) esistette davvero, come potremo vedere: ma la connessione della famiglia con Windsor iniziò, invece di finire, con questo Walter.

Passiamo ora a quella che è stata definita come la versione ufficiale delle origini, così come venne data ne I Conti di Kildare[4], e sempre ripresa in L’Aristocrazia di Burke. Lord Kildare così scrisse:

"I FitzGeralds, o Geraldini, discendono da "Dominus Otho", o Other, il quale nel 1057 (sotto Edoardo il Confessore) fu barone onorario d’Inghilterra[5]: si dice che fosse un membro della famiglia Gherardini di Firenze, e che si fosse portato prima in Normandia e poi in Inghilterra[6]. Era così potente, in quel periodo, che è probabile che egli fosse uno degli stranieri che arrivarono in Inghilterra con il Re Edoardo, e che fosse così favorito dal Re da suscitare la gelosia dei nobili del luogo. Bisogna anche sottolineare che il figlio di Otho, Walter, veniva trattato come un loro compatriota dai Normanni dopo la conquista; la forma latina del nome dei suoi discendenti, "Geraldini", è la stessa di "Gherardini", e ne indica l’appartenenza alla stessa famiglia.

Non sono in grado di spiegare in quale periodo o come sia nata la storia di Other venuto in Inghilterra sotto Edoardo il Confessore; e neppure spiegare come "Otho" abbia preso il posto del ben identificato "Other": forse per dare al nome un suono più italiano. Ma stando alla forma latina "Geraldini", posso affermare che il nome dato da Geraldo Cambrensis alla sua famiglia, era, al contrario, "Giraldidae".

Lord Kildare si riferiva, come abbiamo visto, ai manoscritti Geraldini, senza dare alcun giudizio sui contenuti; ma è merito di Mr.Meehan l’aver dato alla stampa i contenuti di queste pagine, in appendice agli scritti di Fra’ O’Daly: "a cui" - come egli afferma – "il comune lettore troverà difficile avere accesso". Si deve ricordare che, secondo le versioni date sopra, i Geraldini arrivarono in Inghilterra con, se non antecedentemente, la Conquista. Nei manoscritti Geraldini troviamo invece una storia molto diversa.

Tre fratelli di quella famiglia, Tommaso, Gherardo e Maurizio Gherardini, avendo lasciato Firenze a causa di discordie cittadine, accompagnarono il Re d’Inghilterra alla conquista d’Irlanda: questa versione, come si vedrà, non è però in accordo con la versione attualmente avvallata dalla stessa famiglia.

Inoltre, la storia dei Gherardini ebbe origine in Irlanda e non a Firenze; la storia sopra riportata è stata scritta da un sacerdote irlandese di nome Maurizio, che apparteneva alla famiglia Gherardini stabilitasi in quell’isola, e che, trovandosi a passare a Firenze nel 1143, asserì di essere parente dei Gherardini locali[7]. I Gherardini di Firenze sembrarono essere a conoscenza di quel legame; infatti perfino molto più avanti, nel 1440, il Segretario della Repubblica, nello scrivere a Giacomo Conte di Desmond, usò l’espressione "se ciò fosse vero" (si vera assertio): ma la fama della grande casata irlandese raggiunse e adulò i Gherardini, e in risposta ad una lettera di "amore  fraterno", Geraldo, Capo in Irlanda della famiglia dei Gherardini, Conte di Kildare, Vicerè del Serenissimo Re d’Inghilterra, scrisse nel 1506 "a tutta la famiglia de’ Gherardini, nobili di fama e di virtù, residenti a Firenze, nostri beneamati fratelli di Firenze". Il Conte li informò che "i suoi antenati, dopo essere passati in Francia e in Inghilterra, e lì rimasti per un po’ di tempo, arrivarono su quest’isola d’Irlanda nel 1140"[8]. Desiderava conoscere le gesta dei loro comuni antenati, "le origini della nostra casata, i nomi dei vostri predecessori", offrendo loro "falchi, falconi, cavalli e cani per la caccia"[9].

E ora, dalle aspirazioni dei conti irlandesi a ritrovare le proprie origini in Troia, torneremo a dedicarci alla storia più reale di un’antica e illustre casata che non solo trae le proprie origini da un possedimento documentato nel Domesday Book, ma può avere forse l’esclusivo vanto che da allora i suoi discendenti sono sempre stati baroni del regno.

Ne I Conti di Kildare leggiamo che nel 1078 Walter FitzOtho viene citato nel  Domesday Book come colui che ha il possesso dei beni di suo padre. A questa affermazione, che viene ostinatamente ripetuta nelle pagine dell’Aristocrazia di Burke, devo replicare, come affermano gli Studi sull’Aristocrazia, che il Domesday era del 1086 e non del 1078; che Walter era il figlio di Other e non di Otho; che il Domesday non riporta che le sue terre erano state in possesso di suo padre, bensì erano appartenute a degli inglesi cui erano state confiscate…

Nel Domesday, Walter FitzOther compare come il proprietario di un gruppo compatto di contee: Berks, Bucks, Middlesex, Surrey, Hants; possedeva inoltre Winchfield in Hampshire, sotto l’Abazia di Chertsey; a prima vista non c’è molto che lo possa collegare a Windsor o alla sua foresta, ma da una ricerca è emerso il fatto che proprio a Windsor egli detenesse i ¾ delle postazioni di caccia e parte del bosco; che a Kintbury, un’altra tenuta nel Berkshire egli possedesse la metà di una postazione che "il Re Edoardo aveva dato al suo predecessore", al di fuori dei possedimenti della corona, per la custodia della foresta; che dalla grande tenuta reale di Working, nel Surrey, Walter avesse i ¾ di una postazione, che allo stesso modo il Re Edoardo aveva concesso "al di fuori della tenuta ad un certo guarda boschi", e che, in o nei pressi di Kingston-on-Thames, il Re aveva concesso del terreno ad un uomo al quale "aveva affidato le cavalle fattrici reali".

Queste note ci preparano a provare ciò che vogliamo dimostrare, e cioè che egli fosse proprietario di "un bosco chiamato Bagshot" (sebbene il Domesday non lo riporti), e che sia lui che i suoi eredi avessero la custodia della grande foresta di Windsor; era inoltre, come vedremo, castellano di Windsor, mentre aveva come proprietà privata una baronia, stimata tra i quindici e i venti cavalieri paganti e avendo a disposizione quindici cavalieri come guardie del castello di Windsor.

La nostra prossima notizia, dopo il Domesday, ci viene da Abigdon Cartulary, che riporta, in una nota molto interessante, come Walter FitzOther, castellano di Windsor, restituisse all’Abate Faricius i boschi di "Virdele" e Bagshot, che aveva tenuto con il consenso dei predecessori dell’Abate, Aethelem e Rainald. Troviamo qui anche come egli procedette a detta restitruzione nel castello di Windsor, e come egli mandasse sua moglie Beatrice con il figlio William ad Abingdon, affinchè potessero dare conferma di quanto lui aveva fatto "a casa".

Da quanto sopra apprendiamo come Walter fosse vivente dopo il 1100, in quanto l’Abate Faritius govrnò dal 1100 al 1116; apprendiamo anche che il nome di sua moglie era Beatrice[10], e che la sua casa era al castello di Windsor; possiamo infine trovare un accenno alla perdita di questi boschi, in tale periodo, da notizie del Domesday sulla tenuta dell’Abazia a Winkfield ("Wenesfelle"), in cui viene ricordato che 4 postazioni si trovano nella foresta del Re. In altre parole possiamo supporre che Walter le avesse aggiunte alla Foresta di Windsor, essendone il custode: e se lui lo fece, come è provato, all’epoca dell’Abate Aethelem (che morì nel 1084), queste sarebbero state incluse nella foresta del Re al tempo del censimento del Domesday (1086). A Walter successe suo figlio William, del quale abbiamo parlato quando accompagnò la madre ad Abingdon.

Un documento molto interessante lo mostra a capo della foresta di Windsor in una data non più tarda del 1116[11]. Tale documento notifica a William FitzWalter, a Croc il cacciatore, a Richard il sergente, e a tutti i funzionari in carica nella foresta di Windsor, che il Re ha concesso all’Abazia di Abingdon la decima di tutta la cacciagione[12]…L’importantissimo Pipe Roll del 1130 ci mostra William FitzWalter a capo della foresta di Windsor in quell’anno e in quello precedente…Troviamo ancora William FitzWalter nell’atto dell’Imperatrice Maud a Geoffrey de Mandeville, che dato 1142[13]: con questo essa certifica a Geoffrey che Willim erediterà la carica di governatore del castello di Windsor e delle terre.

A William successe un figlio con lo stesso nome, al quale Enrico II, con atto fatto a Windsor tra il 1154/64, confermò le terre di suo padre. Tale atto, che prova l’origine del lignaggio, mi è noto solo attravetrso l’Harleian Roll, p.8, che tratta l’origine della famiglia Windsor e dei loro parenti Irlandesi, i FitzGeralds: sebbene scritta in tempi poco opportuni (1582), ha tuttavia un valore abbastanza eccezionale. Il documento di cui parlo conferma a William di Windsor tutta la terra di suo padre, William FitzWalter, e di suo nonno, Walter FitzOther. Tale William viene costantemente citato nei Pipe Rolls di Enrico II fra coloro che seguirono ilavori di costruzione del Castello di Windsor.

Credo di avere identificato sua moglie, il cui nome non era noto, con una certa Christina de Wilham, che era locataria per diritto di cavalierato del feudo di Montfichet nel 1166[14]. La questione è che il proprietario del feudo, Robert Gernon, aveva un locatario, Ilger, che aveva due suoi feudi in Essex: Wormingford e Maplestead. Walter de Windsor viene quindi citato nell’atto di donazione, fatto con sua madre Christiana, della chiesa di Wormingford al Priorato di Wix[15] e di cessione a St.Paul di tre dei suoi feudi a Maplestead[16]. Inoltre, nel 1187, viene citato come detentore di  una quota e mezzo di Richard di Montfichet[17]. L’eredità di quei feudi, essendo Walter il figlio più grande di William de Windsor, sarebbe passata a Christiana  de Wiham.

Walter e suo fratello minore William divisero la baronia di Windsor in due metà nel 1198[18]. Walter era l’avo, per via di una figlia, degli Hodengs; da William, nella cui parte venne inclusa Stanwell, discese Andrew Windsor, fatto Lord Windsor di Stanwell da Enrici VIII, da cui discende per linea femminile l’attuale Lord Windsor.

In un documento dell’Abingdon Cartulary, Enrico I si rivolge a Walter, figlio di Walter de Windsor, e lo informa di aver concesso Faricius, abate di Abingdon (1100-1116) il terreno e l’abitazione a Windsor, che era stata tenuta da Albert; è il nome di Albert che rende questo documento interessante, poiché non ci sono dubbi che si tratti di "Albert the clerk", menzionato nel Domesday insieme con Walter FitzOther come feudatario di terre della Corona a Windsor (fo. 56 b) e l’"Albert"che viene citato come feudatario di terreni a Dedworth (fo. 56 b), adiacenti a Clewer e Windsor.

Un atto di Enrico I, redatto ad Argentan nelNatale di un anno che non viene citato, ma che dal nome dei testimoni dorebbe essere alla fine del suo regno, parla di "Robert figlio di Walter Wyndesore", le cui terre vengono confermate a suo figlio William. Di questo atto viene riportato il testo nell’Harleian Roll (p. 8) e nell’Inspeximus di Edoardo III (10 aprile 1336)[19].

Little Easton, erroneamente descritta come "Estone Bucks" da Dugdale[20], era la maggiore di una baronia di dieci feudi che Robert di Windsor ottenne durante il regno di Enrico I, e che erano di conseguenza disponibili, come feudo di suo fratello maggiore, per la custodia del castello di Windsor. William, figlio di Roberto, ottenne la conferma di questa da Enrico II, e la figlia di William e i suoi figli anche di Hastings[21].

[1] I due "fascicoli medioevali" che precedono, qui di seguito entrambi tradotti in italiano, scaricati da sito internet irlandese, sono stati scritti da J.Horace Round in The Ancestor, 1902, pp 119-126, ii pp 91-98. Li riportiamo a solo titolo di cronaca: è il tentativo di uno storico irlandese di dimostrare l’origine inglese dei FitzGerald, ma che è tuttavia costretto a citare i tre fratelli Gherardini, pur negando che fossero i capostipiti toscani del ramo irlandese; affermando poi che il vero capostipite dei Fitzgerald è Dominus Otho o Other: il quale, però aggiunge, si dice fosse un membro della famiglia Gherardini di Firenze, "sposato in Normandia e da lì in Inghilterra". Addentrandosi poi l’autore in un percorso tortuoso, ricostruisce la discendenza di Otho o Other, arrivando a Walter FitzOther, un figlio del quale si chiama Maurizio: che improvvisamente diviene, e non si capisce per quale motivo, Maurizio FitzGerald. Come già alla metà del XV° secolo era accaduto con il Vescovo Alessandro Geraldini di Amelia, così alla metà del XX° secolo (1952) i FitzGerald Conti di Desmond si sono recati a Roma e ad Amelia per incontrare i Geraldini, lontani parenti italiani.  Tutte le altre note sono presenti nel testo originale inglese e qui tradotte.

[2] Tradotta e edita da C.P.Meehan (1878?)

[3] Lo scrittore ha dimenticato di dire che Enea fuggì solo quando la casa del suo vicino irlandese O’Callaghan era già in fiamme. (Virgilio, nel suo linguaggio meridionale, lo chiama Ucalegon).

[4] Scritta dal Marchese di Kildare (più tardi quarto Duca di Leinster). Cito la quarta edizione (1864): comparare la versione in Burke’s Peerage.

[5] La fonte data per questa affermazione è "Sir William Dugdale", ma il Baronage di Dugdale tace su questo argomento. Con scrupulosa attenzione, attribuisce l’origine a "Walter FitzOther" in Domesday Book (1806).

[6] La fonte di queste notizie è in Gherardini Papers, MS (manoscritti).

[7] I Warwichshire Feildings scoprirono allo stesso tempo, più tardi, che il loro nome derivava da Rheinfelden, e che erano ramo esiliato della casa d’Asburgo.

[8] Questa data, secondo noi, è errata.

[9] Queste notizie sono prese dall’appendice di Mr.Meehan.

[10] In Conti di Kildare (p. 2) e in Burke’s Peerage si dice che Gladys fosse la figlia di Rhiwallan ap Cyfyn, Principe del Galles.

[11] Siccome il Re Enrico lasciò l’Inghilterra nel 1116, Eudo Dapifer era morto prima del suo ritorno.

[12] "Henricus Rex Anglie Willelmo filio Wateri…Testibus…Eudone dapifero apud Bruhellam" (ibid. ii 94). Bruhella era Brill (Bucks).

[13] Geoffrey de Mandeville, p. 163.

[14] Red Book of the Exchequer, p. 350.

[15] Vedere History of Essex di Morant, ii. 232, 233, e Monasticon sotto la voce Wix.

[16] 9th Report Historical Mss. App. i. p. 34.

[17] Red Book of the Exchequer, p. 66 (17). Vedi in Feet of Fines 9 Ric. (Pipe Roll Society), p. 110.

[18] Teste Rogero Bigod apud Londoniam ii. 132.

[19] Calendario di Patent Rolls, 1334-8, p. 249. Tra i suoi testimoni c’è Maurizio di Windsor.

[20] Baronage, i. 509.

[21] È stato nel tempo di Robert de Hastings che è avvenuto il ritorno dei guerrieri, ma avvenne comunque più tardi del 1166, anche se Red Book of the Exchequer afferma il contrario.